Videogames: da attività per nerd a industria. E anche l’Italia conquista la sua fetta di mercato - RIAVW

Videogames: da attività per nerd a industria. E anche l’Italia conquista la sua fetta di mercato

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Negli ultimi mesi i media di tutto il mondo hanno scoperto che esiste una forma di vita, chiamata “gamers”. Sono esseri umanoidi con strane abitudini: passano ore di fronte allo schermo, si esaltano se il loro avatar squarta un drago ma, cosa più intrigante, spendono montagne di soldi in accessori e giochi. Il tutto Covid Free, anzi Covid Powered!

Il mondo dei videogiochi non è nato oggi. Per chiunque abbia l’età dello scrivente giocare ad un videogioco è un modo per passare il tempo al pari di leggere un libro (in Italia un attività piuttosto rara), guardare una partita di calcio in tv, o fare binge watching (insomma spararsi un’intera stagione di una serie tv). Il lockdown, al netto di permettere di lavorare da casa, ha magnificato alcune attività virtuali per passare il tempo. I social network, l’e-commerce, Youporn e i videogiochi. Sui primi 3 non credo vi sia molto di nuovo da dire, mentre sul quarto argomento vale la pena approfondire.

Quella che era un’attività da nerd oggi è un’industria strutturata, con budget miliardari, aspettative di crescita a doppia cifra e persino delle competizioni sponsorizzate da grandi brand internazionali. Giusto per dare due cifre per il 2020: si stima che il mondo dei gamers supererà i 160 miliardi di dollari di fatturato. Sicuramente una spinta l’ha data il Covid ma, è bene ricordare, già nel 2019 si aggirava intorno ai 145 miliardi.

Sorprendentemente una buona parte dei videogiochi di successo è stata prodotta nei paesi nordici, come la Svezia dove il mercato degli sviluppatori e relativa filiera vale alcuni miliardi. Il settore comincia ad avere alcune gemme anche in Italia. Un italiano famoso è Riccardo Zacconi, che con l’invenzione, e successiva vendita, di Candy Crush ha letteralmente acceso le luci sulla creatività italiana. Tuttavia vi sono molte realtà che stanno emergendo nel nostro paese. Aiuta la disponibilità di banda, l’elevato tasso di creatività degli italiani e una crescente competenza tecnologica.

Tuttavia se l’immaginario collettivo spinge a credere che “solo a Milano” può esserci il miracolo, ci si sbaglia. Milano è sicuramente la capitale d’Italia per molti settori: finanza, moda, design, e tuttavia il crescente costo della vita unito alla “non necessità” di essere sul posto permette alle startup del settore di poter operare ovunque. È il caso di Cube, startup sarda che, in pochi anni, è cresciuta nel settore di nicchia degli accessori per simulatori.

Qui si deve scendere nel tecnico. Se per un videogioco strategico basta un mouse e la tastiera, per i veri gamers appassionati di simulazioni di auto o volo serve una cloche oppure un volante. Maggiore è la sensibilità sulla periferica, migliore è la sensazione e l’esperienza di gioco. Ovviamente parliamo di un settore di nicchia, nel mondo dei gamers, tuttavia i numeri ci sono tutti.

“Siamo partiti nel 2016, il primo anno abbiamo fatturato poco meno di 20.000 euro, oggi dovremmo chiudere il 2020 con 2 milioni. Operare da Sassari ci permette di mantenere i costi bassi produttivi e grazie all’e-commerce possiamo vendere ovunque” spiega Fabio Sotgiu, cofondatore di Cube Controls.

Cifre da capogiro? Un inizio. Ricordiamo che il settore delle periferiche, nel mondo del gaming, è un industria in continua crescita. Nel 2019 si stima abbia raggiunto i circa 3.9 miliardi di dollari, in previsione di crescita per il 2020; le periferiche di controllo sono una presenza costante e in crescita.

Se consideriamo che i giochi di simulazione sono per lo più presenti sulle piattaforme Pc e, più di recente, console, si comprende come la gran parte delle periferiche siano create per Pc. “Siamo partiti dai volanti da competizione, da utilizzare per gli e-sport. Dopo aver stabilito la nostra presenza nel mercato di nicchia dei campioni di e-sport ci stiamo espandendo per la produzione di pedaliere e cloche per simulazioni di aerei”.

Sotgiu chiarisce che, seppur di nicchia, quello delle periferiche, per gli amatori, è un prodotto ad elevata domanda. Una domanda per cui i veri appassionati sono disposti a spendere molto. Nei prossimi mesi (stante quello che si legge) sarà in arrivo un vaccino o delle cure. Ciò non toglie che la tendenza a lavorare da casa resterà uno standard lavorativo. Questo spingerà la domanda per giochi, piattaforme (pc, console) e relative periferiche ancora più in alto.

Fa piacere osservare come, al pari della Svezia, l’Italia abbia le capacità e la competenza per guadagnarsi una fetta di mercato. Le ricadute per tutta la nazione, come dimostra la Svezia, sono di sicuro interesse.

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