ABC Napoli Azienda speciale

CHI SIAMO

ABC Napoli Azienda speciale (già Arin S.p.A.) è oggi una delle più grandi aziende di gestione di risorse idriche del mezzogiorno.

Serve direttamente circa un milione di persone nell’area cittadina di Napoli e ulteriori 650.000 persone servite indirettamente (in sub distribuzione) residenti nelle province di Avellino, Benevento, Napoli e Caserta.

135 anni di storia al servizio della città di Napoli

ABC – Acqua Bene Comune Napoli nasce dalla trasformazione di ARIN SpA in Azienda Speciale del Comune di Napoli avvenuta nell’aprile 2013.

Le origini dell’Azienda risalgono al 1885 anno in cui fu inaugurato da parte della Naples Water Works Company LTD, l’Acquedotto del Serino

Ripercorriamo le tappe salienti dell’evoluzione societaria.

Il 3 aprile del 1878 venne fondata a Londra la Naples Water Works Company Limited (società anonima per i lavori idraulici della città di Napoli), società anglo-francese, con un capitale pari a 37.500.000 lire italiane. Nata per la realizzazione e gestione (75 anni) del nuovo acquedotto (da Serino a Napoli), questa fu abilitata ad operare in Italia il 30 gennaio 1881, con regio decreto di Umberto I Re d’Italia.

È il 10 Maggio 1885, “un gran giorno per Napoli”, con una entusiastica inaugurazione dell’Acquedotto del Serino da parte di Umberto I, culminata nell’arrivo dell’acqua in una grande fontana circolare in Piazza Plebiscito, fronte al Palazzo Reale e alla Basilica di San Francesco di Paola, i Napoletani poterono nuovamente bere la famosa acqua di Serino. L’acqua proveniva dalla Sorgente Urciuoli (324 m.s.l.m.m.).

Il 1° dicembre del 1922 inizia ad operare la Società Anonima Acquedotto di Napoli, con un Consiglio di Amministrazione tutto italiano, presieduto dal banchiere barese Emanuele Fizzarotti. Sede in Via Costantinopoli.

Nel 1925, con le dimissioni di Fizzarotti, la società passa sotto il controllo della maxiprefettura creata dal regime fascista, l’Alto Commissariato per la Città e la provincia di Napoli. Tra il 1925 ed il 1930, la società Acquedotto di Napoli, con l’allacciamento della sorgente Pelosi, portò allo Scudillo le acque di Serino. Nel 1936 fu anche realizzato l’allacciamento della sorgente Acquaro.

Nel 1945, il Comune per salvaguardare la continuità del servizio idrico, dette inizio al periodo di “Gestione Comunale” e, nel 1954, poté riscattare la concessione di esercizio al costo di un miliardo e cinquecento milioni di lire.

Nel 1959 fu costituita l’Azienda Municipalizzata Acquedotto di Napoli (AMAN) che sarebbe entrata in funzione qualche anno dopo, con l’approvazione del nuovo Regolamento.

Il 29 maggio 1995, con deliberazione del Consiglio Comunale n.131, viene costituita l’azienda speciale A.R.I.N. (Azienda Risorse Idriche di Napoli) – Ente strumentale del Comune.

Dal 1° gennaio 2001 l’ARIN diviene S.p.A. con il Comune di Napoli unico azionista. Nel 2002 lascia anche la sede storica per trasferirsi nel quartiere di Ponticelli.

La Giunta comunale approva in data 23 settembre 2011 la delibera di proposta al Consiglio n. 942 di trasformazione dell’ARIN spa in azienda speciale.

Con delibera n.32 del 26 ottobre 2012 il Consiglio comunale dispone, nei confronti di Arin S.p.A., la trasformazione della società ARIN in azienda speciale ABC (Acqua Bene Comune), approva lo schema di statuto, istituisce un comitato di sorveglianza con funzioni consultive, di controllo, di informazione, d’ascolto, di concertazione e di dibattito, anche propositivo, sul servizio pubblico idrico ed in particolare rispetto alle decisioni inerenti gli atti fondamentali di pianificazione, programmazione e gestione, composto da rappresentanti degli utenti, del mondo ambientalista e dei dipendenti dell’Azienda stessa.

Aprile 2013: trasformazione dell’ARIN SpA in Acqua Bene Comune Napoli azienda speciale.

I “numeri” di ABC Napoli:

  • oltre 2.000.000 di cittadini serviti direttamente (città di Napoli) o indirettamente (comuni subdistributori) per circa 295.000 utenze
  • 486 dipendenti
  • circa 180 milioni di mc di acqua immessa in rete
  • oltre 130.000 analisi di laboratorio all’anno
  • 5 fonti di approvvigionamento
  • oltre 200 Km di tubazioni di adduzione idrica
  • circa 70 Km di canali
  • oltre 300 Km di rete di distribuzione idrica cittadina
  • 9 serbatoi di capacità complessiva di 430.000 mc
  • 7 impianti di sollevamento (potenza totale installata 10MW)
  • 1 impianto di trattamento (manganese e nitrati) in fase d’avvio
  • 200 chilometri di rete fognaria
  • 41 impianti di sollevamento fognario
  • oltre 100.000 caditoie per la captazione superficiale
  • 70 manufatti di sfioro per l’allontanamento a mare delle acque bianche
  • 2 impianti di trattamento di acque di falda (Bagnoli)
  • Call Center Commerciale (menu automatico h24; operatori lunedì-venerdì 8:00÷20:00; sabato 8:00÷13:00)
  • Call Center Tecnico attivo 24 ore su 24 per 365 giorni all’anno
  • Sala di Telecontrollo attiva 24 ore su 24 per 365 giorni all’anno.

Introduzione
In un moderno acquedotto l’acqua può essere prodotta da sorgenti montane o di pianura (acque sorgive), ma può anche essere sollevata da pozzi che attingano a strati profondi (acque di falde profonde). In questi casi essa, risultando ricoperta da ampie zone impermeabili alle percolazioni, è generalmente ben protetta da inquinamenti superficiali causati da sversamenti pericolosi sia chimici che biologici. L’acqua può essere prelevata da fiumi, laghi o bacini artificiali (acque superficiali); in caso di necessità l’acqua in origine può anche essere di tipo marino. Particolare attenzione va prestata all’ambiente che circonda il bacino o il luogo della sua  provenienza. Se l’acqua prelevata è di origine superficiale o di produzione incerta va resa potabile, con impianti di potabilizzazione più o meno complessi e costosi.

L’acqua viene trasferita verso i serbatoi cittadini con condotte in pressione o a pelo libero (acquedotto esterno) di grande diametro secondo le portate trasferite.
Giunta ai serbatoi l’acqua potabile, ove non effettuato prima, viene disinfettata (clorazione, ozonizzazione o altro) ed immessa nella rete cittadina per essere distribuita agli utenti.
Eventuali centrali di sollevamento si rendono necessarie a seconda del tipo e dell’orografia del territorio da alimentare e quando l’acqua è sollevata dalle falde.

Le reti idriche a servizio delle città, comprendente gli impianti di misura, regolazione, controllo, sino ai misuratori di utenza, costituiscono l’acquedotto interno.
Alcuni acquedotti non sono dotati di serbatoi di compenso, ma vengono alimentati direttamente da pozzi profondi, che pompano direttamente nella rete di distribuzione.

La rete idrica primaria, normalmente interrata, è costituita da condotte metalliche o “plastiche”, che trasportano l’acqua in tutte le strade urbane. Queste condotte sono collegate tra loro formando complesse maglie chiuse oppure in rami aperti, di diametro decrescente dal serbatoio verso la periferia. Dalla rete idrica primaria si originano le diramazioni di utenza (chiamata anche orizzontali), anch’esse interrate, alle quali fa capo la rete aerea (visibile) e che giunge sino ai contatori domestici.

I consumi di punta dell’utenza
Il quantitativo di acqua che gli utenti consumano in una fascia di servizio varia nell’arco della giornata secondo le esigenze ed attività.

Per esempio, in un quartiere abitato da impiegati ed operai, è normale un maggior consumo idrico nella primissima mattinata. Rispetto al resto della giornata il consumo di acqua aumenta nell’orario che mediamente precede il riposo notturno e si abbassa notevolmente durante le ore notturne.
Analogamente il consumo idrico varia nel corso della giornata nelle varie zone della città in funzione del tipo di attività del quartiere e della vita dei suoi abitanti.

Ovviamente il miglioramento della qualità della vita, l’uso diffuso degli elettrodomestici, l’aumento dell’igiene personale, lo sviluppo urbano, la tecnologia di un popolo determinano  un aumento del consumo pro capite giornaliero e nell’anno di acqua potabile.
Il consumo idrico di una città è collegato alla qualità delle famiglie, al lavoro, anche pendolare, ma è anche dipendente dalla sua civiltà sociale, dai servizi cittadini (lavaggi, scuole, ospedali, giardini ecc.) e non ultimo dalle condizioni meteorologiche (in estate i consumi sono di gran lunga maggiori a parità di attività). Il volume di acqua potabile consumato da una città, da un quartiere o da una famiglia, nell’arco dell’anno, diviso il numero dei giorni (365) costituisce il consumo medio giornaliero della città, del quartiere o della famiglia stessi.
Ogni città, quartiere o famiglia in un anno avranno un giorno di massimo consumo di acqua. Se dividiamo questo valore per il consumo medio dell’anno avremo il numero che indica il coefficiente di punta relativo al giorno di maggior consumo di quella famiglia o quartiere o della città stessa. Analogamente possiamo parlare di consumo medio settimanale oppure mensile e dei relativi coefficienti di punta. Questi valori sono necessari per progettare o anche gestire  un acquedotto cittadino o la rete di un quartiere.

il ciclo dell’acqua: falde e sorgenti
Ciclo dell’acqua: i laghi, i fiumi, le falde profonde e superficiali, le sorgenti ed i fontanili si originano tutti dall’acqua di pioggia. Anche i ghiacciai nascono da acqua piovana (neve).

Per comprendere l’origine di tali fenomeni dobbiamo osservare il ciclo dell’acqua, qui semplificato; l’acqua piovana, che scorre sul suolo, dilavando verso il basso, viene assorbita dai terreni permeabili e dalle rocce formando nel sottosuolo ampie sacche e strati, veri serbatoi naturali dai quali si originano le sorgenti o si formano le falde superficiali e profonde. Parte di tale acqua è assorbita dalle piante o evapora. Trapassando i terreni essa rende solubili i sali contenuti diversificandosi luogo per luogo.

L’acqua superficiale alimenta anche direttamente  fiumi, laghi, bacini (artificiali se creati dall’uomo), quella sotterranea alimenta, come visto, le falde, dalle quali solleviamo con impianti di pompaggio le portate idropotabili, che ci sono necessarie. L’acqua di falda può alimentare dal di sotto fiumi e laghi.
L’acqua di falda artesiana, diversamente di quella di falda freatica, sale naturalmente  in  superficie, perché é soggetta a pressione idrica che la spinge verso l’alto.
Le acque che cadono in montagna, se la temperatura è sufficientemente bassa, originano vedrette e ghiacciai. Alla fine tutte le acque tornano al mare e il ciclo ricomincia.
La tutela delle acque superficiali (fiumi, invasi, acque di transizione, acque marine e costiere) si basa su attività di pianificazione, gestione, controllo e valutazione di questi corpi idrici.

Ogni Regione elabora e predispone gli indirizzi e le linee per lo sviluppo delle reti di monitoraggio di qualità e dei valori ecologici del suo territorio, il prelievo dei dati rilevati. Inoltre, in coerenza con quanto definito dal Piano di Tutela delle Acque, viene aggiornato il quadro conoscitivo sulla risorsa idrica nel territorio regionale relativamente alla identificazione dei corpi idrici definiti “significativi”, alla classificazione qualitativa dei corpi idrici ed al raggiungimento degli obiettivi di qualità ambientale fissati dalle Direttive Europee (Direttiva 2000/60/CE) e dalla Normativa Italiana (Decreto Legislativo152/99 e successive modifiche).

L’acquedotto di serino: introduzione

L’acquedotto di Serino, inaugurato nel 1885, è stato costruito in soli quattro anni per trasferire a Napoli le portate idropotabili necessarie ad alimentare i cinquecentomila abitanti.

Per l’epoca nella quale venne realizzato, l’acquedotto era un’opera dai grandi contenuti tecnici. Nel 1936 furono captate ed inviate mediante i medesimi impianti le sorgenti del gruppo Acquaro-Pelosi. Con tale immissione il canale ancora oggi trasporta, nei periodi di morbida delle sorgenti, sino a 2350 l/sec..

I lavori vennero divisi in cinque parti:

  1. L’allacciamento delle sorgive.
  2. La conduttura libera in muratura a partire dalle sorgenti e sino ai castelli di presa dei grandi sifoni sulla collina di Cancello, eccezion fatta di due sifoni (rovesci) intermedi per gli attraversamenti dei valloni di Tronti e Gruidi.
  3. Le condotte forzate, o grandi sifoni a partire dalla Collina di Cancello sino ai serbatoi sulle colline di Napoli.
  4. I due serbatoi cittadini.
  5. La distribuzione in città.

Il sistema di allacciamento

Il sistema di allacciamento è quello del drenaggio sotterraneo: diviso il territorio delle polle in tre zone, a seconda della posizione ed importanza delle varie sorgive, furono costruiti tre canali coperti, destinati a raccoglierne e convogliarne le acque, ed al principale tra questi, furono attribuite dimensioni maggiori che agli altri due.
La profondità alla quale furono collegati questi collettori varia, però in generale si trovano superiori alla vena acquifera.
Le polle immediatamente laterali al percorso del collettore versano in esse le loro acque per apposite luci lasciate nel piedritto corrispondente, di apertura proporzionata alla importanza della medesima sorgiva.
Su tutto si distesero due strati di pura argilla fortemente battuta e cementata tra loro da un velo di calce idraulica in polvere e al di sopra un riempimento in terra, per proteggere le sorgive dalle acque superficiali.

Le opere I
La raccolta di queste acque avviene in un fabbricato di pianta quadrata diviso in tre piani dall’ultimo del quale parte il canale dell’acquedotto. (Tav. X). Nella tavola è anche indicato il punto di partenza dell’antico acquedotto romano per Beneventum (c). Inoltre vi è indicata la pianta della sorgenti Urciuoli prima della loro captazione e disegnate le tracce dei collettori drenanti.
Il nuovo canale di Serino, lungo metri 59.551, si svolge attraverso un percorso parte a mezza costa, parte in galleria naturale all’interno dei monti, parte in pianura secondo la configurazione naturale dei declivi attraversati e, ove ciò non sia possibile, esso si svolge su ponti canali anche di notevole lunghezza.
Il canale in muratura a blocchi di pietra varia e a pelo libero, è costruito con sezioni molto diverse tra di loro, variabili a seconda della spinta statica trasmessagli dai terreni attraversati.
I ponti canali sono oltre 20 con uno sviluppo di oltre 1800 m., il più lungo dei quali passa sopra Rio Noci con 31 arcate e lunghi quasi 500 metri.
I profondi valloni dei Tronti e dei Gruidi sotto Altavilla Irpina, furono attraversati dall’acquedotto con due batterie di tubazioni metalliche (sifoni rovesci in ghisa).

Le opere II
Il problema di fornire giornalmente la città di Napoli dalla collina di Cancello, fu risolto da una batteria di condotte in ghisa, composta da tre grandi sifoni rovesci: uno con diametro interno di 700 mm., destinato all’alimentazione del serbatoio alto e gli altri due, col diametro interno di 800 mm., destinati per il servizio basso della città.
L’origine dei sifoni aveva luogo in due vasche in muratura poste a differente altezza sul versante del colle di Cancello verso Napoli.
Dalle vasche si sviluppa, iniziando dai piedi della collina, parte della piana campana, nella quale sono interrate le grosse condotte di adduzione.
Queste dopo un percorso di oltre 22 km forniscono i due serbatoi cittadini (dell’epoca) delle portate destinate alle due reti ad essi connessi.
Il serbatoio più basso posto in vicinanza della reggia di Capodimonte, in sottosuolo, ha un volume di oltre 82.000 metri cubi ed è costituito da cinque vasche scavate nel tufo giallo alte 10,80 m. larghe 9,25 m. e nelle quali lo sfioro dell’acqua si trova a 8 m. rispetto alla platea; la quota altimetrica rispetto al mare è di m. 92,50.
Il serbatoio dello Scudillo, posto alla quota di metri 183 sul mare, aveva invece una capacità complessiva di 20.000 metri cubi, e alimentava tutte le utenze medio-alte della Napoli di fine ‘800. Nel tempo la capacità di tale serbatoio è stata aumentata sino a 145.000 metri cubi.

L’epoca moderna
Oggi la città di Napoli è servita da quattro acquedotti che trasportano verso la città partenopea, i suoi dintorni e la Campania nord occidentale l’acqua di tre regioni: il Lazio, il Molise e la Campania stessa.

L’acqua trasportata ha produzioni diverse: di sorgente, di falde profonde e superficiale.
Il sistema di trasporto è uguale per tre di essi; dal luogo di produzione le acque potabili vengono condotte da lunghi canali a pelo libero, costruiti in materiale lapideo, sino a vasche di carico site su colline prospicienti le città, tra quota 90 e 240 metri sul livello del mare: Da tali vasche partono le condotte forzate che alimentano i serbatoi di compenso.
Le acque trasportate e distribuite da tutti questi serbatoi sono disinfettate con sistemi a base di cloro. Lungo il percorso degli acquedotti sovente campi pozzo sollevano negli stessi impianti le acque delle falde per potenziare le portate.
Divergono però i tempi di  realizzazione dei singoli acquedotti:

L’acquedotto di Serino inaugurato nell’anno 1885

L’acquedotto campano nel 1958

L’acquedotto della Campania Occidentale nel 1998

L’acquedotto di integrazione e riserva di Lufrano (A.I.R.) ha origine con i primi pozzi del dopoguerra (1947-48), ma il suo potenziamento è continuato  sino ai giorni nostri.

Le acque delle falde di Triflisco presso Montemaggiore sono state captate a metà degli anni ’80 a seguito di una prolungata siccità che provoco una grave mancanza idrica per la città di  Napoli; le acque furono utilizzate sfruttando gli impianti dell’acquedotto della Campania Occidentale, nel canale a pelo libero già costruito, in quanto l’opera non era ancora alimentata.
Le acque di tali falde oggi fanno parte di quelle distribuite dall’acquedotto della Campania Occidentale.
Le acque prodotte dagli impianti della Regione siti nella pianura campana alle falde della collina di Cancello sono invece emunte da diversi campi pozzo, sollevate sugli impianti della collina stessa e in parte condotte al serbatoio di Capodimonte, ai primi degli anni ’70, da una condotta in acciaio, da 1200 millimetri di diametro, che può considerarsi come un acquedotto a sé.

L’alimentazione di napoli negli anni ’50
Al termine della seconda guerra mondiale, a seguito di una notevole siccità degli anni 1946, 1947, l’apporto idrico fornito alla città dalle sorgenti del Serino fu particolarmente esiguo.

Con l’aiuto dell’arma del genio alleato, si trasferirono in città le acque di falda, sgorganti sulla piana ad est di Napoli: le antiche acque alimentanti la popolazione partenopea tramite l’acquedotto della Bolla.

Il primitivo impianto, costituito da alcuni pozzi perforati presso l’attuale zona della Cittadella in località Casoria, riversava le acque dalla falda nel vecchio canale della Bolla, restaurato e sezionato ad uso del nuovo impiego.

All’inizio degli anni Cinquanta l’acquedotto iniziale diventò insufficiente e la Società Acquedotto di Napoli, in accordo con la municipalità partenopea, decise di potenziare il campo pozzi.

Il progetto prevedeva la costruzione di un nuovo campo pozzi (i pozzi ECA) per rifornire una moderna centrale di sollevamento per il rilancio delle ulteriori portate verso la città. Il trasporto della nuova acqua (sino a 500 litri al secondo) avveniva con due condotte di 600 millimetri di diametro, in cemento armato precompresso con giunti a bicchiere, dalla centrale fino a Capodichino ed alla zona orientale da una parte e dall’altra sino al serbatoio di Capodimonte.

Lo schema prevedeva anche l’alimentazione a gravità delle isole di Procida ed Ischia dal serbatoio di S. Stefano posto in località via S. Domenico a circa 100 metri sul livello del mare; l’opera venne, progettata ed eseguita dalla nuova Cassa per il Mezzogiorno. Si razionalizzò e risistemò anche l’alimentazione idrica dei comuni dell’interland napoletano.

Quindi a cavallo degli anni ’50 la produzione idrica alimentante le popolazioni del territorio partenopeo, era fornita dall’acqua delle sorgenti di Serino, per un massimo di 2200 litri al secondo e quella sollevata dalle falde di Lufrano, per circa 800-1000 litri al secondo.

Le adduzioni a napoli negli anni ’60
Gli anni sessanta vedono a Napoli un incremento delle costruzioni edilizie soprattutto verso il Vomero, l’Arenella e Posillipo, nonché il potenziamento di Fuorigrotta e della zona industriale a est della città.

Ai più antichi serbatoi di Capodimonte, Scudillo, (quest’ultimo già potenziato nel dopoguerra sino a 145000 metri cubi di volume) e S. Stefano, si aggiungono i serbatoi finanziati dalla Cassa per il Mezzogiorno: S. Giacomo, Cangiani, Camaldoli.

Per alimentare il più possibile a gravità le zone alte dell’Arenella, Cangiani e Camaldoli, viene costruito a partire dalla vasca di carico della Collina di Cancello posta a quota 245 m. s.l.m. una nuova condotta da 1020 mm di diametro in cemento armato precompresso, lunga circa 26 chilometri, che permette di alimentare senza sollevamenti il nuovo serbatoio di S. Giacomo, posto a quota 230 metri s.l.m. Questa condotta venne realizzata nell’anno 1958.

Tale serbatoio di 60.000 mc di volume ancora oggi è il punto di arrivo delle acque di Serino a gravità.

Da questo nuovo serbatoio, mediante una nuova centrale di sollevamento, venne alimentato il serbatoio posto più in alto di Cangiani (quello di nuova costruzione di 3700 mc che si affiancava a quello degli anni ’30 già attivo per la zona ospedaliera).

Da questo nuovo serbatoio venne, con un’altra centrale di sollevamento, alimentato quello dei Camaldoli, il più alto della città (458 metri sul livello del mare).

Con questo sistema di alimentazione in serie, completato negli anni sessanta, si permise la espansione edilizia delle zone alte di Napoli.

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